Maria Paola e Ciro: combattiamo l'odio con la formazione, l'informazione e un linguaggio corretto

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L'amica, che da un po' di tempo si fa chiamare Ciro”, “Relazione gay”, “La compagna”, “Le due ragazze”.

Non cambia definirlo omofobia, transfobia o femminicidio: Maria Paola è morta.

L’odio irrazionale e patologico di Michele Antonio e il controllo dell’uomo di famiglia sulla donna sono figli della misoginia e del patriarcato, che, sibillino, ancora riecheggia nelle mura delle case in cui molte persone crescono.

Motivo per cui la legge contro l’omobitransfobia e la misoginia ha oggi una necessità ancor più vitale di essere approvata.

In questa vicenda le persone coinvolte erano tre, le vittime due. Nell'incidente una è morta e l'altra è rimasta ferita dalla caduta e pestata a sangue. A chi era rivolto quel pestaggio? Alla “ragazza lesbica”, come Michele vedeva Ciro, o a Ciro, come ragazzo trans? L'assassino è convinto che la sorella stesse con una ragazza, ha confessato che non sopportava “quella là che ha infettato mia sorella che è sempre stata normale”; questa frase dimostra sia l’omofobia, sia l’inconsapevole transfobia di Michele. In entrambi i casi, Michele la considera una malattia, qualcosa che si trasmette come un virus. Sarebbe cambiato qualcosa se Maria Paola fosse stata insieme ad un uomo biologico? Sì, purtroppo, perché è evidente che l'odio derivante dall’ignoranza del fratello è radicato nella diversità, nel ciò che non è eterosessuale e cisgender.

Per quanto riguarda le testate giornalistiche e i telegiornali (in particolare a Il Giornale di Vicenza , in quanto giornale locale) vogliamo ricordare che è fondamentale chiamare Ciro con il nome che ha scelto per il rispetto della sua identità. Come ragazz* trans del Gruppo Trans di G.A.G.A. Vicenza sappiamo bene quanto sia lungo e difficile il percorso interiore che Ciro ha fatto per riconoscersi come ragazzo ed accettarsi come tale. È importante che i giornalisti, visto il valore divulgativo e informativo delle loro parole, facciano un’appropriata ricerca in modo da garantire una corretta informazione della massa.

Come G.A.G.A. Vicenza siamo disponibili a fare formazione ai giornalisti per combattere questa cultura pressapochista che non tiene conto dell’impatto che le parole possono avere sull’identità delle persone, soprattutto di quelle transgender.

Il processo di identificazione personale passa attraverso la persona stessa e non attraverso un riconoscimento sociale e/o medico, piuttosto, questi due ultimi punti sono successivi e secondari al primo processo. Il rispetto, dunque, dell’identità di una persona trans va protetto, a prescindere dal punto a cui è della sua transizione. Una persona trans pre diagnosi, pre rettifica anagrafica, pre cura ormonale o pre interventi non è meno valida, né meno degna di rispetto per la sua identità. Ci rivolgiamo in particolare ad @arcilesbicanazionale e a tutte le testate che si sono riferite a Ciro utilizzando il suo nome anagrafico e i pronomi femminili.

Li ho sentiti perfino dire che avrebbero preferito che la figlia morisse, piuttosto che stare con uno come me. Un masculillo.” ha detto Ciro in un’intervista di La Repubblica. Come G.A.G.A. Vicenza continueremo a fare informazione, familiare e scolastica, cercheremo di diffondere l’importanza della cultura sociologica e scientifica per combattere questi episodi.


15 sett 2020 - Il Gruppo Trans e il direttivo G.A.G.A. Vicenza

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